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Sotto il cielo di Madrid

Ho passato 5 giorni a Madrid. Non ho messo il contapassi, ma credo di aver macinato un bel po’ di chilometri (a parte due/tre corse in metro), credo sia il modo migliore per gustare gli angoli di una città quello di percorrerla a piedi. C’ero passata alcune volte, ma per lavoro e non avevo potuto conoscere dal di dentro questa che è considerata una delle capitali con la miglior qualità di vita. Confesso l’ignoranza: non sapevo che il cielo di Madrid fosse tanto famoso – mostre di fotografi, canzoni e molto altro gli è stato dedicato – ma fin dal pomeriggio dell’arrivo ho esclamato: «Però… il cielo qui è speciale!» Forse per i quasi 7oo metri di altitudine, forse per la posizione a occidente per cui alle nove di sera d’estate è pieno giorno, forse per il blu intenso… Qualunque sia la ragione, guardando in su ci si sente avvolti da qualcosa di Bello. E non potrebbe essere diversamente, in una città in cui la bellezza è celebrata in alcuni fra i musei più importanti del mondo, nei palazzi, vie  e piazze che testimoniano una storia ricchissima, nei parchi e giardini che abbondano e fanno da polmoni alla metropoli…

Giustamente ne vanno orgogliosi, i madrileños. Mentre camminavo per le strade, mi veniva in mente Manzoni, con il suo «…quel cielo di Lombardia, così bello quando è bello…» E siccome sono lombarda, e ho pure vissuto a Milano, so bene quanto è raro lì un cielo terso, pulito. E quanto fa bene al cuore guardarlo e sentirsi parte di qualcosa di grande; sentirci un pulviscolo, eppure «unici», irripetibili; sentirci aggrovigliati tra mille difficoltà e problemi, eppure ritrovare la voglia di lottare, di esserci. Credo che in ogni luogo, in qualsiasi angolo del pianeta, e in qualsiasi epoca, gli esseri umani siano sempre stati attratti dal cielo, questo mantello azzurro che ci ricopre tutti e sta lì a ricordarci che anche noi siamo fatti per il Bello, per una vita degna di essere vissuta. Il cielo per tutti, il cielo di tutti. Anche di quest’uomo che a mezzanotte torna a casa, scarpe rotte e passi strascicati, dopo aver suonato il suo violino in un angolo della Gran Via. Anche della vecchietta che tutti i giorni sta lì, accartocciata nei suoi poveri stracci a un semaforo della piazza della Cibeles, e di lei non vedi che una mano tesa…

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