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L’UOMO DELL’ANNO?

Mi ha lasciato perplessa la copertina di Time che annuncia la scelta dell’uomo dell’anno: The Protester. Il manifestante, diciamo noi italiani. Le perplessità aumentavano leggendo le motivazioni: “ha rimodellato la politica mondiale”. Occupy, la primavera araba e il web sarebbero dunque i protagonisti del 2011. Qualcosa non mi quadra quando Time parla dei movimenti di quest’anno come più “straordinari, più globali e più drastici” rispetto ad esempio al 1968 o al 1989. Anche il riferimento al movimento partito nel 1848 a Parigi che poi ha raggiunto altre città europee mi sembra meriterebbe almeno qualche distinguo. Così come non si può mettere sullo stesso piatto il giovane tunisino che si dà fuoco, i manifestanti dopo le elezioni a Mosca e gli “indignati”, troppo spesso – a mio avviso – limitati nei loro gratuiti e facili slogan. Ma si sa, una rivista vende se in qualche modo realizza uno scoop e l’immagine scelta lancia da sola tanti messaggi, espliciti ed impliciti, positivi e negativi. È vero che quest’anno la “protesta” è stata globale, sintomo di una crisi che tocca il mondo intero e non solo l’economia, ma va dalla politica all’educazione alla cultura ai valori… Ecco, mi sembra qui il nocciolo: mancando i valori, la “casa comune” crolla e non basta protestare per ricostruirla. E infine: l’uomo dell’anno è senza nome, il manifestante ignoto. Ha un aspetto positivo, come a dire che potrebbe essere chiunque di noi si riconosce nella protesta. Ma allora, mi viene da dire, tutti quegli “ignoti” che giorno dopo giorno, ora dopo ora, rischiano la pelle, la reputazione, la salute per “gli altri”, siano essi di una cultura o di un’altra, di una religione o di un’altra, di un credo o di un altro… a tutti questi chi gliela dedicherà una buona volta una copertina?

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