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Sull’autobus

Salgo alla solita fermata, un po’ stanca, un po’ preoccupata, un po’… Mi sento attirata da qualcosa di rosso, più in là: un foulard sistemato con foggia orientaleggiante attorno a un volto non più giovane ma sempre bello. Presa da quel tocco di armonia, al primo colpo d’occhio non m’accorgo che il foulard serve solo a nascondere le conseguenze di una chemioterapia. La donna parla con l’uomo che le sta di fronte, probabilmente il marito; nei suoi occhi chiari non leggo angoscia, piuttosto una serena serietà, come di chi sa cosa è importante e cosa non lo è. Veste modestamente, ma è regale nel suo portamento, talmente trasuda dignità. Intuisco cosa può passare dentro di lei… mi rivedo, parecchi anni fa, di fronte a un referto “sospetto” che per alcune settimane mi aveva fatto confrontare con la possibilità di una malattia senza ritorno. Mai avevo apprezzato tanto il regalo di “poter vivere” come in quelle settimane, tutto aveva preso senso, gusto… Quando torno con lo sguardo sull’autobus, la donna non c’è più. La seguo col pensiero augurandole “buona fortuna” e… soprattutto grazie, amica sconosciuta! Non ti dimenticherò.
Ma perchè mi sentivo stanca prima? E perchè ero preoccupata?

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