L’avevo appena ascoltato con le mie orecchie. Il presidente della Commissione Europea, Durao Barroso, venuto in Spagna per ricevere un premio, si era incontrato col presidente del governo Rajoy e alla fine insieme avevano offerto una conferenza stampa. Barroso aveva sottolineato i primi, sia pur timidi risultati positivi raggiunti dalla Spagna nella lotta contro la crisi, nonostante la disoccupazione ancora alta che resta la prima sfida per il paese, aveva parlato del cammino, sia pure lento e tortuoso, verso l’unità europea … insomma, un intervento, come si dice, ad ampio respiro.
Mezz’ora dopo, apro il computer tornando al lavoro, vedo i titoli di alcuni quotidiani on line e resto di stucco: di tutto quello che aveva detto il presidente della CE era rimasto solo che «Barroso aveva ricordato al governo l’insostenibile tasso di disoccupazione». Una verità, certo, ma decisamente parziale, dettata, nel caso specifico, da interessi editoriali. Una visione ristretta dell’evento e dei suoi contenuti.
È un difetto globalizzato quello di mettere l’accento solo sul negativo ignorando per scelta la controparte positiva, peraltro sempre presente, foss’anche ridotta ai minimissimi termini. Le conseguenze? Creare una società angustiata, scontenta, demotivata… e così spalancare la porta ad esempio a chi mira a rovesciare «il sistema» ricorrendo all’estremismo violento.
Chi lavora nel mondo dell’informazione dovrebbe riflettere sulle ripercussioni che può tenere anche solo una parola lanciata senza approfondimento o, peggio, per interesse. E in primo luogo dovrebbe interrogarsi su che tipo di mondo vuole costruire. Perché tutti siamo mondo, siamo società. Non stiamo parlando di concetti da manuale rinchiusi tra le pagine o nelle memorie dei computer.
E i poveri lettori? Un consiglio: non fermarsi mai a una sola fonte, consultarne altre, mettere in moto l’intelligenza e il senso critico… i migliori anticorpi per combattere questa malattia e renderci conto che nel «villaggio globale» molte parti godono di buona salute.