Peccato che spesso i programmi televisivi intelligenti vengano mandati in onda a orari decisamente poco fruibili dalle masse (sigh!). Pochi giorni fa alle 4 del pomeriggio – l’ora in cui qui in Spagna si sparecchia – mi è capitato di vedere lo spezzone di un servizio che cercava di mettere in luce tutto ciò che di positivo possiamo trarre dalla crisi. Non in modo teorico, ma in base a interviste raccolte per strada. Un campionario di gente normale, non arrabbiata, non «indignata», non abbattuta, non arresa, ma cosciente, realista, motivata. Credo ci siano milioni di persone così, in tutta Europa. Persone che imparano o reimparano a vivere senza spese inutili e senza ammassare cose superflue; che si interrogano di conseguenza sulle priorità che marcano la loro vita, che aprono gli occhi sulle necessità dei più deboli, scoprendo così che la vera e più grande generosità nasce là dove c’è meno abbondanza. Persone che si reinventano davanti alla perdita del posto di lavoro e trovano nuove possibilità.
Mi colpiva l’atteggiamento e il tono di voce degli intervistati, il loro buon senso che mi trasmetteva serenità, sicurezza e voglia di andare avanti, nonostante tutto. Li capivo e mi sentivo capita. Pensavo – ingenuamente? – che questo «esercito» silenzioso di gente comune, se persiste e resiste, può essere il motore che a poco a poco trainerà fuori dal tunnel il vecchio continente, contribuendo a far tornare a galla l’economia e a creare, sia pure lentamente, occupazione e posti di lavoro. Perché se la più profonda radice della crisi è la mancanza di valori, l’inversione di tendenza potrà venire solo da un’iniezione massiccia di etica nella società intera. Quell’etica che stiamo imparando giorno dopo giorno sui banchi di scuola del 2012. Le «lezioni» sono alla portata di tutti, sarebbe stupido rinunciare al diploma…