Blog

Indignarsi: ‘perché’ e ‘per chi’.

La fine settimana è stata intensa: qui in Spagna, le elezioni in Catalunya con i vari «bracciodiferro» che si portavano dietro… in Italia le primarie del PD (niente di nuovo sotto il sole…), la Formula1 con la suspense quasi fino all’ultimo sul tri-campione, il 25 novembre giornata internazionale contro la violenza alle donne… Ce n’era abbastanza per riempire i teleschermi. Ma non abbastanza per liquidare in pochi secondi (mi riferisco a quanto so di Italia e Spagna) una tragedia che si è consumata in Bangladesh, in un impianto tessile vicino alla capitale, Dacca. Oltre 100 morti, l’ultima cifra ufficiale che leggo è 111, soffocati o bruciati. Morti a causa della mancanza di misure di sicurezza in una fabbrica in cui ai lavoratori erano negati i diritti minimi. Morti che si potevano evitare. Fra loro, molte donne. 

Ma pare che queste donne e questi uomini siano di categoria inferiore, se non scatenano la nostra indignazione, nemmeno nel giorno dedicato alla lotta contro la violenza alle donne. Nemmeno tenendo conto del fatto che queste fabbriche lavorano per imprese occidentali che approfittano del minor (e quanto!) costo della mano d’opera ma non vogliono sapere nulla più in là.

Oggi in Bangladesh migliaia di lavoratori del settore sono scesi in piazza, le fabbriche sono chiuse. I parenti delle vittime e compagni di lavoro vogliono sapere, vogliono la verità. Auguriamoci che siano sostenuti e ascoltati. Che si faccia giustizia e qualcosa cambi per i lavoratori in Bangladesh. Hanno mille e un motivo per manifestare.

Di fronte alle loro voci, impallidiscono i cortei «nostrani» infarciti di facili slogan, e fanno arrossire di vergogna le iperboliche cifre che si spendono in campagne elettorali, quando si potrebbero realizzare in regime di risparmio salvando il denaro per sanare l’economia e sollevare situazioni a  rischio. E sono solo pochi esempi.

Esempi che meritano la nostra indignazione. Come la meritano 111 morti, uomini e donne come me  e come te.

Related Posts