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Bambini come merce

Un linciaggio non è mai giustificabile, nessuno può sostituirsi alla giustizia, ma ci sono atti di tale efferatezza che possono spingere una folla inferocita a punire immediatamente i colpevoli. È successo qualche giorno fa a Nosy Be, l’isola più grande a nord del Madagascar, meta di turisti europei e nuova destinazione, purtroppo, di  turismo sessuale occidentale. Era scomparso un bimbo di otto anni… dopo alcune ore il tragico ritrovamento del corpo, senza genitali e senza lingua. Due occidentali, sospettati di trafficare organi umani di bambini e adulti africani, sono stati bruciati vivi da una folla inferocita. Ho letto la notizia in un blog  l’altro giorno: difficile togliersela dalla mente. Ma quanti sono i bambini in questa «rete»? Quanti sono stati?

Sempre di questi giorni, la notizia della tratta di bambini haitiani verso Santo Domingo in costante aumento: arrivano scalzi, denutriti e finiscono sulla strada o a fare lavori pericolosi…

Sul barcone affondato a Lampedusa, c’erano molti bambini, anche non accompagnati.

Ieri e oggi, a Brasilia, la Organizzazione Internazionale del Lavoro ha celebrato la 3ª conferenza sul lavoro infantile: 168 milioni di bambini nel mondo! Una cifra da capogiro, nonostante dica una diminuzione negli ultimi 3 anni.

E sono solo alcune facce del prisma «infanzia».

Ci si sente annichiliti, impotenti. E meschini con le nostre pur legittime preoccupazioni per la situazione economica, il mutuo, la salute, il futuro…

Di fronte a problemi immani come questo, dove non c’è posto per le considerazioni, ma solo per le «azioni», sempre mi viene in mente quanto diceva Madre Teresa di Calcutta: Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.

 

 

 

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