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Sotto il fango delle Filippine, perle nascoste

Ci sono giorni in cui uno ha solo voglia di dire «basta». Basta con questo mondo che sembra impazzito, che ha perso il senso della misura, che non sa più cosa e quali sono le priorità nella vita, propria e degli altri, di tutti gli altri… Basta con le eterne contrapposizioni: destra-sinistra, laici-credenti, donne-uomini, buoni-cattivi… Basta con la demogogia di vedere in tutti – stato, gruppi, individui – solo nemici da abbattere… Basta con l’ipocrisia di condannare solo gli sbagli degli altri – che giudichiamo gravissimi anche se di poca importanza – mentre non si ammettono i propri e si pone rimedio, soprattutto se i danni provocati sono sttai ingenti…

BASTA!

Ieri l’altro, quasi alla fine di uno di questi giorni, mi è capitato qualcosa che di colpo ha avuto l’effetto di cancellare tutto, buttando questi miei pensieri nella spazzatura e lasciandomi la sensazione che la mia bussola interna si era riassestata. Mi è arrivata l’e-mail di un’amica che ad un certo punto mi raccontava, così come lo ricordava, un fatto che aveva ascoltato.

Filippine. Un uomo si stava dando da fare per raccogliere aiuti per la città colpita dal ciclone; si avvicinano alcuni bambini di strada, quelli sporchi che rovistano nella spazzatura cercando cibi e altre cose, per chiedergli un favore. Poteva consegnare da parte loro un sacchettino alla gente rimasta senza niente? Nel sacchetto c’era tutto quello che erano riusciti a mettere insieme vendendo le cose trovate nella spazzatura: due scatole di sardine, un po’ di farina e 30 monete (del valore di 2,50 euro)…

Ma che stavo pensando? Dov’ero? Perché volevo sfogarmi?

Bambini sconosciuti mi avevano regalato una perla. Ho ripreso il «mestiere di vivere».

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