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Digiuno a volontà

L’altro ieri, cercando notizie nei quotidiani on line della mia sgangherata Italia, un titolo decisamente intrigante, inaspettato, mi ha fatto fare una brusca frenata col mouse: “Un giorno di digiuno leva il medico di torno”. Più che di una recensione, si trattava di un anticipo dell’ultimo libro di Umberto Veronesi, famoso oncologo: “La dieta del digiuno. Perdere peso e prevenire le malattie con la restrizione calorica”. Gli stralci scelti decisamente invitano alla lettura del libro, ma già di per sé sono sufficienti per applicare la scelta etica di cui parla Veronesi. Due passaggi mi sono particolarmente piaciuti; il primo: “Pratico il digiuno nel rispetto di chi muore per fame, per non avvelenarmi con un eccesso di cibo fuori da ogni logica e perché conosco le conseguenze negative della sovralimentazione. Vi siete mai chiesti perché l’ascesi sia legata al digiuno? Perché tante religioni contemplino il digiuno come pratica consigliata o addirittura obbligatoria? Quasi tutte le religioni, in effetti, lo hanno sempre promosso come esercizio per raggiungere qualcosa: uno scopo, un miglioramento fisico o dell’anima, il contatto con Dio…”

Come sempre, quando colgo una notizia o un fatto che mi colpisce, cerco di trovare una corrispondenza concreta nella mia vita; applaudo questo rispetto verso chi muore di fame e credo si possa esprimere anche in altri modi, ad esempio col non gettare nella spazzatura cibo avanzato, non comprare scorte alimentari degne di un rifugio antiguerra, insegnando ai figli a mangiare di tutto e non solo quello che più piace, come si faceva una volta… Ricordo a proposito un periodo di difficoltà economica in casa quando ero bambina: davanti a un piatto di polenta mia madre mi disse che per un po’ i pranzi e le cene sarebbero stati più “semplici” e mi spiegò in poche parole cosa stava accadendo.  Mi sentii invadere da un senso di responsabilità, fiera di essere anch’io partecipe degli sforzi della famiglia e ancora oggi conservo un’immagine felice di quel periodo.

Oh, intendiamoci! Mi piace molto la buona cucina, ho persino aperto un blog dove parlo di “tapas” e della gastronomia andalusa, mi siedo a tavola volentieri… ma sostengo con forza che un po’ di esercizio di moderazione ci farebbe un gran bene, a noi come singoli, ma anche a tutta la società. L’esercizio è ciò che ci manca. Veronesi parla del legame tra digiuno e ascesi, che può essere intesa anche come un miglioramento della propria condotta di vita, del proprio carattere, cose che si raggiungono appunto con  un grande esercizio di volontà; forse se ci allenassimo a tavola, riusciremmo ad applicare la stessa volontà nel rendimento sul posto di lavoro, nel modo di condurre le relazioni interpersonali…

Il secondo stralcio che merita una seria riflessione è questo: “Mangiare troppo compromette la concentrazione e, in ogni caso, crea un grave danno alla salute: il danno da sovralimentazione. Si tratta di un nemico quasi quanto la fame, solo che è subdolo, ci dà l’idea del benessere, anzi di un enorme benessere…”  Veronesi affonda il dito in una piaga diffusa nel mondo occidentale, un contrasto lacerante con le cifre della mortalità per fame: l’obesità, un problema dilagante, anche tra i bambini, sul quale gli esperti stanno richiamando l’attenzione. Una presa di coscienza da parte di tutti, anche di chi si sente estraneo al problema, è più che doverosa. Personalmente, la chiamo una delle forme d’impazzimento della società moderna.

Sono grata perciò al prof. Veronesi di aver suscitato il dibattito; la sua “regola” di vegetariano che prevede un giorno di digiuno a settimana probabilmente non è per tutti, però ci aiuta a prendere coscienza del rapporto che abbiamo col cibo, con la nostra salute, con le motivazioni che guidano la nostra esistenza. Soprattutto ci richiama a uno stile di vita improntato dalla sobrietà. Parola tanto di moda oggi, ma quanto capita? Quanto applicata?

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