In quechua Apu Rimaq significa “colui che parla con gli dei” ed è il nome di una regione peruviana a 4000 metri di altezza, extremamente isolata geograficamente ed economicamente. Nel 1966 arrivarono lassù due padri agostiniani a preparare l’apertura di una missione per lo sviluppo umano e sociale del popolo indio, che prese il via due anni dopo con 7 missionari.
Varie realtà hanno collaborato con gli agostiniani nel corso degli anni. Dal 1992 la storia della missione s’incrocia con quella di una onlus, l’APURIMAC.
“Siamo nati per sostenere le missioni agostiniane nel Sud del mondo. – dicono nel loro sito – E lo facciamo perché crediamo nella dignità della vita e nella solidarietà umana, a difesa dei diritti inviolabili delle persone… sosteniamo i padri e le suore missionarie nei progetti che insieme portiamo avanti: Case del Niño per l’infanzia abbandonata, dispensari medici per garantire ovunque Assistenza sanitaria, Centri di formazione per i giovani, cappelle, mense per i poveri…”
La popolazione locale sopravvive solo grazie ad un’economia di sussistenza, mancando sia vie di comunicazione sia capitali e tecnologie utili per lo sfruttamento delle ricchezze del sottosuolo.
Tali disagi, insieme ad un alto tasso di analfabetismo e a precarie condizioni igenico-sanitarie, sono le principali piaghe.
Curare queste piaghe è la ragion d’essere di APURIMAC perchè significa dare diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro a migliaia di persone che altrimenti non avrebbero un futuro davanti a sé.
Per i 20 anni – 1992 -2012 – APURIMAC ha lanciato una nuova idea solidale, la trovate qui.
Aprendo il loro portale, mi ha colpito una frase: “Dove il cuore fa più fatica, il nostro batte più forte”… Mi ha fatto pensare a quei due primi missionari, padre Lorenzo e padre Ettore, che salirono lassù nel 1966: chissà come batteva forte il loro cuore, sicuramente anche per l’altitudine, ma soprattutto per l’amore verso quella gente che stava aspettando, e non c’era tempo da perdere!