Blog

Non possiamo tacere

Non potrò mai dimenticare una mattina di agosto di parecchi anni fa, a Locri. Ebbi la fortuna di far parte di un gruppetto di persone invitate da mons. Bregantini a… «veder sorgere il sole sulla spiaggia»! Nonostante i suoi impegni e soprattutto le sue “preoccupazioni”, mi aveva colpito la sua serenità: pareva non avesse fretta, si fermava con tutti… e quell’invito del tutto inaspettato mi era sembrato la cosa più logica da una persona come lui. Ci aveva dato appuntamento ancora col buio, per essere sicuri di vedere il primo raggio. Seduti sulla sabbia, sembrava di essere fuori dal mondo, o meglio in un “altro mondo”, quello dove le cose si vedono in un modo diverso. Le stesse cose.
All’avvicinarsi del primo bagliore fu normale, logico, restare in perfetto silenzio. E ascoltare. Ascoltare il messaggio che una nuova alba portava con sé. Padre Giancarlo – così almeno lo chiamavano tutti – contemplava quella Bellezza e sembrava riempirsene…poi ci invitò tutti a pregare.

“La bellezza è un valore morale” ha sempre sostenuto mons. Bregantini; “in un posto brutto è facile che i ragazzi crescano brutti” e per questo a Locri era instancabile nel raccomandare di sistemare strade e giardini, passare l’intonaco sulle case… come si trattasse di affilare un’arma per combattere la mafia, perchè “La mafia ha orrore della bellezza. Una delle migliori forme di antimafia è il gusto del bello, del buono e del vero…”

Una tesi vissuta e sofferta testimoniata anche nell’ultimo libro, che già solo nel titolo e sottotitolo è il ritratto della personalità e di mons. Bregantini: “Non possiamo tacere – le parole e la bellezza per vincere la mafia” (EDIZIONI PIEMME 2011)

Eccone uno stralcio, scaricabile gratuitamente da Internet:
Il film Cento giorni a Palermo racconta la vicenda del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, l’uomo che affrontò e sconfisse il terrorismo delle Brigate Rosse, ucciso dalla mafia nel capoluogo sici- liano insieme alla moglie, Emanuela Setti Carraro. È una pellicola di forte drammaticità, che non si limita a raccontare una storia, ma interroga fortemente le coscienze; guardarla in carcere, come mi è capitato di fare a Crotone, tra i detenuti per associazione mafio- sa, significa sperimentare un’ottica rovesciata. Laddo- ve ci sarebbe stato il silenzio trattenuto, da parte di spettatori “normali”, davanti alla lunga scena carica di tensione dell’agguato e della morte del generale, in carcere riecheggiavano invece applausi e fischi di approvazione per gli assassini, come davanti a una vicenda in cui si fossero invertiti i ruoli dei buoni e dei cattivi.
Capivo che quei volti, illuminati a tratti dalle luci di proiezione, avevano visto davvero quel tipo di sce- ne, o meglio, le avevano vissute da protagonisti. Ho capito in quel momento, con evidenza netta, che pur visionando lo stesso film, fra me e loro, fra la gente onesta e la mafia, c’erano due modi opposti di guar- dare le stesse cose.
Quell’esperienza illuminante mi ha fatto pensare che l’antimafia deve cominciare proprio da qui, dalla consapevolezza di avere di fronte una “cultura altra”, “alternativa” nel senso più estremo del termine.
Descrivere, come fanno molti recenti film e libri, la negatività della mafia, i rituali perversi, i giochi di potere, la violenza e la spietatezza, è solo il punto di partenza per fronteggiarla. Occorre fare un passo ulteriore: dobbiamo credere che se il bene avanza la mafia arretra, dobbiamo vivere i valori del bello, dob- biamo seminare parole capaci di estirpare l’omertà, la menzogna e la paura, per far attecchire un modo diverso di guardare le cose, anche per chi in quella cultura è cresciuto senza conoscerne un’altra…”

Per chi non conoscesse Mons. Bregantini ecco un “ritratto”:

Il giorno in cui s’insediò nella diocesi di Locri-Gerace fu accolto con una bomba sotto il palco e alle forze dell’ordine che gli intimavano di accettare la scorta oppose un netto rifiuto.Vescovo della gente fra la gente, monsignor Bregantini combatte la mafia e le sue derive da una vita intera. E dal di dentro. Non disdegna di entrare nelle case delle ’ndrine per consolare una madre che piange il figlio ucciso o per tentare una pacificazione. Dopo la strage di Duisburg, si reca con un gruppo di preti e laici in Germania a sostenere la comunità calabrese. All’indomani dell’uccisione del politico Francesco Fortugno, si fa promotore insieme a tanti giovani del movimento “AMMAZZATECI TUTTI”. Nel molisano, si batte con altri vescovi del territorio per l’acqua pubblica e i posti di lavoro.Nel racconto di un uomo del Nord, che ha scelto di essere prete operaio, poi cappellano delle carceri e infine vescovo al Sud, si alternano storie drammatiche a tante esperienze positive di collaborazione civile ed ecclesiale: nelle scuole, con le parrocchie, con le associazioni anti-racket, con le realtà culturali e con tante persone che non cessano di credere nella legalità e nella cittadinanza attiva.Sono pagine che non si limitano a denunciare le ambiguità mafiose – nell’atteggiamento di chi paga al bar, nell’ostentazione della ricchezza, nella connivenza con la Chiesa – ma che documentano la forza di una tesi: «La mafia ha orrore della bellezza. Una delle migliori forme di antimafia è il gusto del bello, del buono e del vero. Il destino non è ineluttabile, il Sud può vincere».
Scheda di presentazione tratta da http://www.edizpiemme.it/libri/non-possiamo-tacere

Related Posts