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Eurofestival, ma senza la protagonista

Ci sono cose che ti lasciano addosso una sensazione di schifo, come se ti avessero inzaccherato di un fango che ti vuoi scrollare di dosso al più presto. Questa la mia sensazione sabato sera, alla conclusione dell’Eurofestival. Credevo, o meglio m’illudevo che, alla fin fine, in un evento dedicato alla canzone fosse quest’ultima la vera protagonista e che il premio fosse un riconoscimento a un insieme di elementi: composizione, orchestrazione, interpretazione…

Tre-quattro dei pezzi che avevo ascoltato, a mio modestissimo parere s’intende, mi sembrava avessero i numeri per aspirare al primo posto. Di tutto l’allestimento, mi è parso di notevole livello il light-design, sempre nello stile della manifestazione ovviamente. Non mi ero pentita, tutto sommato, di essere stata davanti alla tv, finché è cominciata la votazione. Quando è stato chiaro che la vittoria era di Conchita Wurst, mi sono sentita profondamente presa in giro e allo stesso tempo mi sono cadute le braccia davanti al degrado mentale e culturale in cui è piombata l’Europa. Non mi si dica, per favore, che il voto a Conchita significa la difesa della «diversità»; il rispetto per le persone omosessuali è tutt’altra cosa. Thomas Neuwirth è un uomo, non è transessuale, dice di non voler diventare una donna, si definisce gender-neutral (cosà ha dichiarato alla stampa) ma evidentemente gli piace alimentare volutamente una certa confusione e incertezza riguardo la sua identità di genere. Thomas si è creato un personaggio, di professione cantante, ha cui ha dato il nome di Conchita Wurst (lascio al vostro interesse indagare o meno sul significato del nome e cognome). E questo significa difendere un mondo diverso, di pace e di libertà? Perché in questi termini si è espresso Thomas dando una dedica alla sua vittoria. Forse non gli farebbe male, per chiarirsi le idee su cosa significa lavorare per un mondo di pace e di libertà, andare anche solo per pochi  giorni a fianco degli eroici membri ad esempio di Medici senza frontiere, o della Croce Rossa, che rischiano la pelle per salvare vite umane.

Ma soprattutto, non sopporto che per affermare il diritto alla diversità, Thomas si presenti come ‘donna barbuta’: la ritengo un’affermazione di maschilismo, e del peggiore. Una mancanza di rispetto verso la Donna. E mi chiedo: perché il femminismo, di qualunque colore, tace e non si ribella? Per essere «politicamente corretti»? Personalmente, come donna, da tutto questo mi sento offesa. E molto!

 

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