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Autenticità, il «vestito» dei social network

Pochi giorni prima di annunciare le dimissioni, il 24 gennaio Benedetto XVI aveva lanciato il messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali che si celebrerà in maggio. «La notizia», che ha polarizzato l’attenzione mondiale dei media e continuerà ad accompagnarci fino al 28 febbraio e ben oltre, ha però forse distolto l’attenzione, almeno della maggioranza, dal contenuto di questo messaggio che attesta una volta di più la modernità e la lungimiranza di questo papa. Mi sono ripromessa di approfondirlo, con un interesse professionale-vitale (il trattino è il mezzo più veloce per dire che le due dimensioni per me non si possono scindere) e con la voglia di tradurre nella pratica quotidiana di questo mestiere almeno alcune scintille delle linee proposte dal papa, sulle quali mi trovo pienamente in sintonia.

Oggi mi sono soffermata sulle prime 15 righe; le reti sociali digitali fanno emergere una nuova «agorá», una piazza dove non solo si possono condividere idee e informazioni, ma anche «prendere vita nuove relazioni e forme di comunità»; il papa dunque vede nei social network  degli spazi in cui può crescere l’armonia della famiglia umana, può nascere una comunione tra le persone, parola che ha la stessa radice di comunicazione . Ma a questo punto fa chiarezza: «le persone che vi partecipano devono sforzarsi di essere autentiche, perché in questi spazi non si condividono solamente idee e informazioni, ma in ultima istanza si comunica se stessi».

È così, non ho dubbi: anche quando pubblico i contenuti che altri inviano, ad esempio un comunicato stampa, mi rendo responsabile di quelle righe, se non altro per il fatto che le ho scelte, magari in mezzo ad altre 50. Perché le ho scelte? Perché avevano il tono ammiccante di un piccolo scoop o perché ritenevo che apportassero qualcosa di nuovo, utile, bello e costruttivo ai lettori? In questo senso, anche quando non cambio una virgola del comunicato, comunico qualcosa di me: l’approvazione, la condivisione del contenuto della notizia. L’autenticità a cui fa appello il papa mi sembra perciò debba partire da una profonda e coraggiosa onestà: non si può ingannare la gente facendo notizia con supposizioni, calunnie, storie di spionaggio politico del nostro piccolo angolo di mondo, ignorando ciò che avviene nel restante 98% del pianeta. È necessaria una profonda revisione del modo di «fare informazione», se crediamo in questo lavoro.

L’autenticità non è un ‘opzione, è un habitus, un vestito che ci riveste di dignità quando ogni mattina ci affacciamo all’agorá mediatica.

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