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Dietro la mimosa…

È un fiore umile, la mimosa, che annuncia con anticipo la primavera e ti si allarga il cuore quando vedi macchie gialle e profumate. Anche nei giorni scorsi, viaggiando in macchina, nei campi o dietro i recinti di case di campagna, affioravano rami fioriti. In Italia (e mi sembra solo in Italia) è associato alla festa della donna, forse perché è quasi l’unico a fiorire in questo periodo o ancora di più perché la prima volta che venne associato alla festa, nel 1946, era anche il più economico. In un certo senso, una scelta obbligata dunque, ma indovinata.

Oggi ho voluto cercare l’origine del nome di questo fiore, che tra l’altro risulta essere anche un nome di donna e ho letto con sorpresa: “significa «pudore», il nome Mimosa deriva dal latino «mimus» ed è stato dato dai botanici perché alcune specie di Mimosa, come ad esempio la Mimosa pudica, al contatto si contraggono…” E continuando a cercare ho trovato anche: ““mimosa” viene dal termine latino “Mimèsi”, col quale si intendeva la modificazione delle espressioni facciali degli attori, dei “mimi”, durante le rappresentazioni teatrali. E questo ben si confà alla vasta gamma di emozioni e di espressioni delle donne, che non si vergognano di mostrare i propri sentimenti…”

Beh, confesso che mi è piaciuta la cosa e mi ha fatto pensare. Innanzitutto sul concetto di pudore, parola (e prassi) così bistrattata ed equivocata; penso che noi donne dovremmo recuperare il vero senso del pudore, quel naturale riserbo che nasce da un profondo rispetto per sé e per gli altri. Se così fosse, non ci abbasseremmo ad “esibire” il nostro corpo, coscienti almeno che è il riflesso di ciò che abbiamo dentro. E già basterebbe…

Poi mi è piaciuta l’associazione col termine mimési e la varietà di emozioni ed espressioni tipiche della donna, ma non è solo questione di non vergognarsi ad esprimere i propri sentimenti. È qualcosa di più profondo e mi piace lasciarlo dire a un uomo, un grande russo, Evdokimov: “…Nel suo essere stesso, (la donna) è il criterio che corregge ogni astrazione per ricollocare al centro i valori… Istintivamente la donna difenderà sempre il primato dell’essere sulla teoria, dell’operativo sullo speculativo, dell’intuitivo sul discorsivo. Essa possiede il dono di penetrare immediatamente nell’esistenza dell’altro, la facoltà innata di cogliere l’imponderabile, di decifrare il destino…”

È solo una pennellata, ma devo dire che questo modo di vedere mi mette “al mio posto”, dove non c’è antagonismo con l’uomo, dove le rivendicazioni prendono la giusta dimensione, dove trovo il mio ruolo nella società e la mia realizzazione come persona. Un ruolo impegnativo, che si gioca sulla propria pelle, ma affascinante e appagante.

Con questi sentimenti mi unisco alla festa della donna, con un pensiero sincero e solidale verso tutte quelle donne nel mondo a cui ancora non è permesso di “essere donne”.

 

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