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Marisa dei miracoli

Qualche anno fa, quando mia madre necessitava una persona che l’assistesse in casa, mi avevano parlato di lei come la persona giusta per trovarmi una badante. Conobbi così Marisa, lombarda trapiantata in Toscana da molti anni a motivo del lavoro del marito. Già era rimasta sola, figlie e nipoti vivevano lontano, ma attorno a sé aveva una piccola folla e la sua casa era sempre aperta a tutti. «Ma tu sei meglio di un ufficio di collocamento!» le dicevo spesso; lei rideva e si schermiva, ma in realtà il suo «lavoro» riusciva a sistemare tantissime persone strappandole dalle loro difficoltà. Piccoli «miracoli» quotidiani, che per lei però erano la normalità, la cosa più logica.

Mi trovavo molto bene con lei: sincera, immediata, pratica, col suo fine umorismo sdrammatizzava le situazioni e ti aiutava a vedere le cose più positivamente. Sempre elegante, ma non di quell’eleganza ostentata, l’ammiravo per il suo essere «donna«.

Se n’è andata il 21 agosto scorso, dopo una malattia che alla fine le aveva tolto anche l’uso della parola, proprio a lei… Ma più di tutto parlava la sua vita, e continuerà a parlare. Ho potuto leggere di alcuni fatti accaduti a Marisa, scritti da lei stessa. Uno più bello dell’altro. Ne riporto uno, così anche chi mi legge la potrà conoscere. 

«Mia nipote  ogni tanto mi  telefona e mi chiede: «Nonna, raccontami il tuo ultimo atto d’amore». L’altro giorno mi ha preso alla sprovvista perché non avevo nulla da raccontarle, sentivo che non avevo vissuto, allora le ho detto che l’avrei richiamata dopo. Era una giornata fredda e piovosa, mi sono vestita e sono uscita sperando di trovare qualcuno che mi desse l’occasione di fare un atto d’amore; per strada non c’era nessuno e così sono andata in chiesa a fare una visita a Gesù nel tabernacolo. Vicino alla Madonna c’era una persona tutta rannicchiata che piangeva: «Signora, posso fare qualcosa per lei?» le ho detto. Lei mi ha guardato stupita ed ha cominciato a dirmi che stava chiedendo alla Madonna una grazia perché era in un momento di grande difficoltà, anche economica. Allora le ho dato appuntamento all’indomani, sempre in chiesa. Tornata a casa, ho telefonato ad alcune amiche danarose e tutte hanno contribuito. Il mattino dopo,  all’appuntamento, ho potuto consegnarle una busta. Ero felice perché potevo telefonare a mia nipote Lucrezia e raccontarle tutto.»

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