Mi è appena arrivata una mail, un’amica italiana mi manda una poesia: è di Elena Petrassi, una poetessa e scrittrice della mia terra, ed è dedicata alle vittime di Atocha. Le pubblico qui, oggi, in questo 11M del 2014, per esprimere tutto il dolore e la partecipazione che sento in cuore per questa tragedia. Come cittadina del mondo. Perché qualunque atto terroristico ci colpisce tutti e la ferita che apre sanguina sull’intero pianeta, che invece di camminare verso una meta di avvicinamento e di unione fra i popoli, si vede disgregato e lacerato a forza.
Oggi è un giorno per ricordare. Ma è anche e soprattutto un giorno per guardare avanti, per lottare a testa alta contro il Male e affermare il diritto, in qualunque luogo, a vivere di pace e nella pace.
Un giorno di speranza, senza retorica, come solo i poeti sanno esprimere.
Le parole le ha mangiate il vento
Scarpe da tennis allacciate
l’ultima mattina. Ma ultima
e fine sono due vocaboli che
la vita non contiene, che solo
la morte fa brillare nella stella
dell’eternità. Un passo, un pensiero,
un’immagine nell’occhio, qualsiasi,
niente di speciale. Chi vorrebbe
la morte su un treno tra volti sconosciuti
e lingue ancora impastate di sonno?
C’è un viso tumefatto nascosto tra
le rovine, sanguina da un orecchio,
non ha più parole da dire, le parole
le ha mangiate il vento, il respiro
lo ha strappato il treno.
Cosa dire alle rotaie divelte?
Tra dieci giorni sarà primavera.in memoria delle vittime di Atocha, 11 marzo 2004
Elena Petrassi
Sillabario della Luce
Moretti&Vitali 2007