La volontà di pace va affermata ad alta voce, come un grido, che si possa udire lontano, che lo possano udire anche i sordi. Papa Francisco non poteva essere più chiaro ieri all’Angelus, nel suo appello: «Mai più la guerra!… “il grido della pace” “sale da ogni parte della Terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità”.
Il Papa si fa voce della maggioranza dell’umanità. Ma pare che le «minoranze», anche se in questo caso rappresentano potenti nazioni del mondo, non vogliano ascoltare. Se le Nazioni Unite stanno conducendo le indagini per verificare l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano, come può il segretario di stato americano affermare che «in base a prove a cui ha avuto accesso il suo governo, è stato dimostrato l’uso del gas sarin»? A mio modo di pensare, si sta delegittimando la ONU. E in nome di chi, di chi che cosa? In nome di una presidenza che ha estrema necessità di mostrarsi forte e riaffermare la propria autorità? Credo che il popolo americano si meriti ben altro che scatenare un nuovo conflitto dalle conseguenze impensabili.
Finché la comunità internazionale non si metterà d’accordo di non fornire più armi né a una parte né all’altra, non si può parlare di pace; sarebbe il primo passo per dimostrare che il vero interesse è la tutela di un popolo, e non «altro».
Un discorso idealista? Può darsi, ma come afferma padre Victor Assouad, superiore dei gesuiti del Medio Oriente (e che vive in Siria) in un’intervista pubblicata su «Popoli»: «Perché dovrebbe essere più facile organizzare un attacco armato che una conferenza di pace?»
Intanto il Papa ha proclamato per il 7 settembre una giornata di preghiera e digiuno, alla quale invita non solo i cristiani, ma anche i fedeli di altre religioni e i non credenti. Auguriamoci che la voce della maggioranza rompa la catena della violenza, ma soprattutto mi chiedo, chiediamoci tutti: «Che cosa posso fare io per la pace nel mondo?» Le forti parole di Francesco valgono per ognuno di noi: “C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della Storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire!”.