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Con l’autobus a 100 all’ora

Da 5 settimane un inghippo dopo l’altro inpedisce di risolvere una questione tecnica (direi anche «piccola», nel senso che è qualcosa di semplice e non di alta cibernetica) sul posto di lavoro; questione che, oggettivamente, non dovrebbe richiedere più di 3/4 giorni. Situazioni comuni a tanti uffici e ditte: si percorre l’iter dell’inviare l’sms che non ottiene risposta, poi si tenta con la mail… finalmente si trova al telefono la persona-chiave (almeno così sembra) con la quale possiamo esporre la nostra richiesta (chiamiamola «A»), e s’intravvede la fine del tunnel. Arriva il tecnico (logicamente due/tre giorni dopo) e… sorpresa! Dice che lui è venuto per porre in marcia «B», non gli hanno detto «A». Si ricomincia daccapo. Risparmio la descrizione. Ieri, all’ennesima telefonata per fare il punto della situazione, mi è apparso evidentissimo il problema: nessuno è andato fino in fondo ad esaminare la cosa, i pro e i contro, le conseguenze, spendendo qualche parola in più e andando un po’ più in là del proprio naso. A cominciare da me, che avrei potuto già in partenza spremere il cervello, fare domande ed esigere chiarimenti. Avremmo perso meno tempo, e usufruiremmo già di uno strumento che aumenta la comunicazione, la visibilità ecc. necessarie come l’aria in questi tempi di crisi.
Ormai ci siamo abituati ad agire «come tutti gli altri» che pensiamo sia il modo normale: normale far aspettare le risposte, normale limitarci a quanto ci viene chiesto (e magari lo facessimo!) e non aggiungere un’unghia di nostro; normale uscire dal lavoro una manciata di minuti prima del termine, ma guai a fermarsi 10 minuti in più per finire qualcosa che – guarda caso! – dovevamo proprio consegnare e dioendeva solo da noi. Tanto, che differenza fa? Il problema è del capo, io faccio il mio, punto e basta…
Insomma, sull’autobus mi aggrovigliavo con questi pensieri, mettendomi anch’io in discussione, ma con la voglia di fare qualcosa per rompere questo muro, cosciente che devo solo esigere (da me stessa) e non pretendere (dagli altri).
La sera, al telegiornale, una notizia: su un autobus di città una ragazza sta male, fortunatamente a bordo c’è un’infermiera che la vede e si rende immediatamente conto che la ragazza ha un’emorragia, questione di pochissimi minuti, secondi… L’infermiera va dall’autista e gli chiede se può andare più veloce, verso un ospedale. L’autista ha solo un istante di perplessità, ma crede all’infermiera e va a 100 all’ora per le strade passando anche col rosso… Minuti che sembrano eterni, poi il pronto soccorso. Appena in tempo! Diversamente la ragazza sarebbe morta. Alla giornalista l’autista risponde semplicemente: «Siamo più di 1000 autisti in questa città, ho fatto quello che qualunque dei miei colleghi avrebbe fatto.»Non è forse questa la normalità? Allora, diamoci una mossa…

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